La replica di Colella

La replica di Colella

Pubblicato da Plinio Olivotto il giorno 07-02-2017   21:03:07
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“Siamo in regola con gli stipendi. Abbiamo pagato il mese di dicembre, nei prossimi giorni pagheremo il mese di gennaio. Quello che spettava a noi, lo abbiamo corrisposto. In tal senso, come prova possiamo esibire la regolarità dei nostri Durc”.

Così il patron della Santa Croce, Camillo Colella, risponde alla rivendicazione di 5 mesi di stipendio da parte di una rappresentanza dei 75 dipendenti dello stabilimento di Canistro (L’Aquila).

La Santa Croce, che ha un duro contenzioso in atto con la Regione, ha inviato una cinquantina di lettere di licenziamento, le restanti partiranno entro il mese di febbraio: questo per essere stati costretti a bloccare l’attività di imbottigliamento “a causa della negazione di proroghe da parte dell’ente regionale che, anzi, ha posto i sigilli e deciso di ritirare la concessione per irregolarità nel Durc”.

Rilievi rigettati nelle sedi giudiziarie dall’azienda che, nel frattempo, ha dovuto sottostare alla volontà della Regione. Proprio per la chiusura netta, la società ha trasferito momentaneamente la produzione in Molise.

“Forse le spettanze di cui parlano i lavoratori sono riferite alla cassa integrazione a zero ore fino a 13 settimane che abbiamo chiesto in ottobre - continua l’imprenditore molisano - Ma sulla Cig è facoltà dell’azienda anticipare l’assegno e noi abbiamo scelto di non farlo. Questo in considerazione del trattamento che ci hanno riservato e che continuano a riservarci il vice presidente della Regione, Giovanni Lolli, il sindaco di Canistro, Angelo Di Paolo, i sindacati, le Rsu, la dirigente Iris Flacco e il sottosegretario Mario Mazzocca”.

Secondo Colella, “tutti insieme hanno agito per negarci le proroghe che, invece, hanno concesso ad altri, per farci apporre i sigilli, farci sequestrare le valvole e milioni di litri di acqua all’interno dello stabilimento, per causare proteste che hanno bloccato e che bloccano l’attività, al fine di toglierci la concessione, farci chiudere e far prevalere i nostri competitor”.

“In realtà erano tutte chimere, mi dispiace che i lavoratori ora piangano per aver terminato i soldi: si sapeva che sarebbe finita così, sono stati usati da sindacati e politici per farci andare via - continua ancora - tanto è vero che volevano mettere a bando stabilimento e marchio che sono, invece, di mia proprietà. Confido nella giustizia affinché vengano riconosciute le ingiustizie subite e che chi ha sbagliato paghi”.