Anniversario terremoto - le riflessioni del monsignor Petrocchi

Anniversario terremoto - le riflessioni del monsignor Petrocchi

Pubblicato da Redazione Antenna 2 il giorno 05-04-2017   16:02:09
Class, liste nozze - Avezzano, Via Corradini, 163
 

In occasione dell'anniversario del terremoto di L'Aquila, l'Arcivescovo Giuseppe Petrocchi afferma che “Per celebrare questo ottavo anniversario non basta la rievocazione del dramma accaduto e delle 309 vittime che ha trascinato con sé. Ognuno di quei volti resta impresso per sempre nella memoria della nostra gente, perché disegnato sul cuore con i colori indelebili dell’amore. La ricorrenza odierna non si limita a ricordare un evento disastroso, lasciato però definitivamente alle spalle, perché, come tutti sanno, le sequenze di scosse, che si sono susseguite dal 24 agosto 2016 fino a poche settimane fa, hanno riportato l’esperienza del terremoto di lacerante attualità e, in popolazioni-sorelle, a noi vicine, hanno provocato un’altra angosciante scia di morte.
Sappiamo che, oltre a quelle “geologiche”, esistono anche “faglie” psicologiche e sociali: “sismiche” pure esse!. A lungo andare, possono generare la “sindrome del terremoto”, che “carica” negativamente il sistema emotivo della gente e attiva reazioni eccessive e disadattanti.
L’incertezza, come nube tossica, rischia di avvolgere l’esistenza (individuale e collettiva), rendendola precaria; così come l’esposizione, rischio imprevedibile e incombente può provocare un “effetto-eclisse” sull’avvenire, facendolo apparire oscuro e inaffidabile.  
«L’evento traumatico sconvolge, anzitutto, le normali sicurezze su cui implicitamente ognuno di noi basa la propria vita: diamo per scontato che la terra rimanga salda sotto i nostri piedi e che la casa, luogo simbolico del rifugio, ci protegga e non ci crolli addosso. In questo senso i sussulti distruttivi della terra costituiscono un’esperienza di panico totale, tanto più ardua da affrontare quando essa non rimane isolata e le scosse si ripetono per mesi. …Tutto ciò può condurre a un lacerante sentimento di smarrimento e di abbandono, che determina una frattura psichica profonda nella propria identità e nel senso della propria vita».
Vista “dall’esterno”, oggi L’Aquila appare una “foresta” di gru. Questi “alberi meccanici”, che si innalzano, offrono visivamente una inedita sintesi tra il volto antico della città e le tecnologie della modernità.
Se L’Aquila vedesse ricostruiti i suoi edifici, ma non salvasse la sua cultura, cristiana e umana, cambierebbe inesorabilmente la sua fisionomia: L’Aquila non sarebbe più L’Aquila. Si trasformerebbe in una città senz’anima: un termitaio urbano.